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Monica

Part I sent by Mick_78 and uploaded on data 28/August/2004 16:07:41


Monica non ne poteva davvero piu'. Da qualche anno a questa parte, la situazione non aveva fatto altro che peggiorare e ora per lei si era veramente al punto di rottura. Monica era nata in quell'isola, sentiva di essere parte di essa e da quando era ragazzina soffriva terribilmente nel vederla conquistata e saccheggiata sempre piu' dagli imprenditori del turismo, venuti dal continente. Dove da bambina andava con il nonno a pescare, ora c'erano enormi alberghi di lusso, frotte di turisti chiassosi e irrispettosi del delicato ambiente marino, bancarelle di cianfrusaglie vendute come pezzi di pregiato artigianato locale. E poi c'erano i militari. Gia', perche' il governo aveva ritenuto l'isola un irrinunciabile punto strategico e aveva provveduto ad installare una base che copriva quasi meta' del territorio dell'isola: postazioni missilistiche, poligono di tiro per l'artiglieria pesante e numerose altre installazioni.

L'unica attivita' che poteva permettere alla famiglia di Monica di sopravvivere era un locale vicino al porto, regolarmente invaso da turisti incivili e soldati ubriaconi. Si poteva anche tollerare quella vita, se non fosse per l'episodio che era accaduto venerdi' scorso.
Monica aveva 21 anni e senza tirarla troppo per le lunghe era una vera e propria amazzone: alta poco meno di due metri, mora, carnagione leggermente scura, occhi neri profondissimi. Cosce e glutei muscolosi, seno esuberante; chiunque la vedesse per la prima volta non poteva non rimanere senza fiato per alcuni secondi.

Ovviamente piu' e piu' volte era stata oggetto delle mire di qualcuno dei suoi avventori e lei si era sempre fieramente opposta alle loro squallide proposte. L'ultima volta era stata con un facoltoso proprietario di mezza eta' che veniva dal continente, probabilmente il più spregiudicato su quell'isola, che senza troppi preamboli aveva offerto 500 dollari per "fare un giro in mezzo alle sue cosce". Incassato il rifiuto, questi si era fortemente risentito del fatto che la sua generosita' venisse cosi' male ricambiata e prese per un braccio Monica, la quale si divincolo immediatamente assestando una vigorosa pedata sul basso ventre del suo pretendente. Considerato che il numero di scarpe della giovane era un sonoro 42, si comprende bene in quale stato usci' il poveruomo.

Il fatto giunse alle orecchie di Lady Suemita, la ricca possidente che deteneva una grossa fetta delle attivita' dell'isola, compreso il locale della famiglia di Monica, che, indispettita per il trattamento ricevuto dal suo cliente di riguardo, convoco' la ragazza la mattina seguente alle 8, dicendole che "Mr. Howard e' rimasto pesantemente contrariato dal tuo comportamento, ma e' disposto a perdonarti, se ti presenterai nella sua stanza questa sera entro le 9. L'alternativa e' che la tua famiglia dovra' cercarsi un'altra attivita'. Sono stata chiara?".

Monica era andata a sfogare la sua rabbia nel bel mezzo della foresta che ancora non era stata toccata dalle scavatrici. Ma gia' era stato presentato un progetto per raderla al suolo e costruire qualche decina di case di villeggiatura. Scoppio' a piangere dalla rabbia, poi la rabbia divento' tale che non poteva piu' essere sfogata e continuava a gonfiarsi all'interno del suo corpo, sempre di piu', una sensazione che non aveva mai provato in vita sua, le sembrava di essere sul punto di esplodere. Il suo corpo comincio' ad essere scosso da un tremito sempre piu' pronunciato e inizio' a crescere, lentamente, a scatti, qualche centimetro alla volta. Monica era in preda ad un raptus indefinibile, ma non poteva ne' voleva in alcun modo resistere a quell'espansione. In breve arrivo’ a superare in altezza gli alberi attorno a lei, comincio' a vedere il mare in lontananza e gli alberghi che deturpavano la costa; un nuovo moto di rabbia e una serie di espansioni successive proiettarono il suo corpo alla fantasmagorica altezza di un centinaio di metri, tutto perfettamente proporzionato. Le sue gambe nude svettavano al di sopra del verde della foresta, addosso portava un paio di shorts e una magliettina rossa aderente che in quel momento aveva il difficilissimo compito di trattenere la spaventosa massa del suo seno. Con la coda dell'occhio vide qualcosa che le sembrava noto transitare giu' in fondo sulla stradina che si addentrava tra gli alberi.

Lady Suemita stava attraversando la foresta a bordo della sua spider. Era piuttosto nervosa, prima l'incidente con Mr. Howard l'aveva non poco indispettita, e ora doveva incontrare l'ingegnere a capo dell'impresa per la costruzione del nuovo villaggio turistico, che la stava aspettando al porto sull'altro lato dell'isola. Procedendo attraverso la foresta, le giunse all'orecchio una sorta di fragore, molto profondo. Strano, in quel momento non c'era una nuvola in cielo. Un altro boato si ripete', ancora piu' distinto, e per un attimo le sembro' che anche l'auto su cui viaggiava stesse vibrando. Al successivo la macchina sobbalzo' vistosamente, provocando una leggera sbandata. La donna aveva gia' superato la soglia del panico, stava perdendo il controllo della macchina, le gomme stridevano paurosamente tra un sussulto e l'altro. Doveva fermarsi. Un altro schianto fortissimo si podusse alla sua sinistra tra gli alberi, assieme ad un impetuoso spostamento d'aria, un secondo di silenzio e poi vide davanti a se' un enorme albero rovinare a terra, sospinto da una poderosa massa scura. Ci volle un po' perche' si rendesse conto che si trattava di una mostruosa ciabatta infradito calzata da un altrettanto mostruoso piede. Doveva trattarsi di un piede femminile, nonostante la possenza dell'aspetto e la notevole muscolosita', le dita erano lunghe e ben modellate e le unghie erano smaltate di rosso vivo. Lady Suemita non ebbe tempo di chiedersi cosa diavolo stesse succedendo quando senti' sopra di se' un rumore di rami spezzati e vide delle enormi dita cingere l'auto e sollevarla in alto ad una velocita' incredibile. Quando la donna riapri' gli occhi, si rese conto che la macchina si trovava nel bel bezzo del palmo della mano di quella che sembrava un'incredibile gigantesca Monica. I suoi lineamenti apparivano ancora piu' fieri, i suoi occhi fiammeggiavano contro di lei, la sua bocca era piegata in una sorta di sorriso di trionfo, che esplose poco dopo in una risata che sembro' annientare la minuscola donna.

"CI SI RIVEDE EH, BRUTTA PUTTANA! E ADESSO NON SEMBRI TANTO CONTENTA DI VEDERMI..." Lady Suemita, rendendosi conto di non poter essere udita, rivolgeva alla ragazza ampi gesti di supplica, che sortirono tuttavia l'effetto di accrescere il sarcasmo di Monica. "COSA STAI DICENDO, CHE DEVO ANDARE A SCOPARE QUELL'IMBECILLE DI HOWARD? CI VADO SUBITO A FARMELO, MA PRIMA DEVO FARE I CONTI CON TE. MI SEMBRA CHE NON SEI STATA TANTO GENTILE NEI MIEI CONFRONTI NEGLI ULTIMI TEMPI", disse Monica avvicinando l'auto ancor piu' al suo volto, per meglio contemplare gli attimi di terrore che stava vivendo quella che fino ad un'ora prima era stata la sua padrona autoritaria. Inizio' lentamente a capovolgere l'auto al di sopra della sua enorme bocca spalancata: la donna non pote' fare altro che aggrapparsi al volante, ma sapeva che non avrebbe resistito a lungo. Le labbra di Monica si serrarono attorno alle sue gambe, poi la gigantessa lascio' cadere l'auto nella foresta, lasciando strepitare Lady Suemita, che sporgeva col busto dalla sua bocca. La sorte della donna era segnata, ma la gigantesca ragazza voleva fargliela pagare la piu' cara possibile per il suo atteggiamento nei suoi confronti e nei confronti dell'intera isola che aveva deturpato con il turismo selvaggio. Lentamente comincio' a inghiottirla sempre di piu', soffocando le sue grida e avvolgendola con la lingua. Sballottandola contro il palato e i denti, senti' che le sue resistenze stavano venendo meno, per cui si risolse a mandarla giu' intera, a fare un tuffo nell'acido del suo stomaco.

Monica si guardo' attorno, estremamente soddisfatta della piega che stavano prendendo le cose. A mano a mano che i minuti passavano, si rendeva conto di quanto potente fosse ora il suo corpo e di quanto ridicolmente indifese fossero al suo cospetto le persone rimaste alla scala naturale. Gli alberi piu' alti le arrivavano fino al ginocchio; dalla sua altezza poteva scorgere quasi tutta la regione centrale dell'isola, la sola quasi completamente libera dalla mano dell'uomo, anche se alcune villette per turisti erano sorte negli ultimi anni. Ed era proprio li' che aveva intenzione di dirigersi.

Il sole non era ancora troppo alto, la temperatura era perfetta per fare jogging. Eppure Dave, pur essendo allenatissimo, era stato costretto a fermarsi senza fiato. Qualcosa, non era sicuro se definirla qualcuno, si stava muovendo nella sua direzione. Enorme, colossale, bellissima, un'incredibile ragazza stava torreggiando sopra la vegetazione, costringendola a piegarsi al suo incedere. L'uomo si arrestò allibito da quella visione che faceva tremare il terreno fino in profondità, ebbe la tentazione di scappare a gambe levate, ma si trovava al centro di una distesa sabbiosa, sarebbe stato sicuramente notato e allora di lui la gigantessa avrebbe fatto ciò che avrebbe voluto. Atterrito continuò a guardare la smisurata ragazza venire proprio verso di lui, il suo piede destro piombò a non più di due metri dal suo minuscolo corpicino e lì si fermò. Guardò verso l'alto e oltre la curvatura del mastodontico seno, vide che la giovane donna lo stava fissando con sguardo bruciante. Le dita del piede si inarcarono verso l'alto, una qualsiasi di esse sarebbe stata più che sufficiente per spiaccicarlo, poi ondeggiarono sensualmente sempre più vicino a lui, alla fine il piede si sfilò dalla ciabatta per andare a ricoprire interamente Dave, senza che questi riuscisse ad abbozzare una reazione più efficace di un urlo disperato.

Monica guardò con una certa curiosità la macchiolina rossa che campeggiava solitaria in mezzo alla pianta del piede destro, strofinò l'enorme estremità sulla sabbia per poi tornare a guardarla e notare con soddisfazione che era sparita: la pelle era rosea e vellutata come sempre; ora di quello schifoso microbo di turista restava in lei solo il ricordo della fugace sensazione che aveva provato cancellandolo dalla faccia della terra.

Monica continuò scalza il suo giro dell'isola, sempre più convinta che quello era davvero il suo giorno fortunato. Nel suo campo visivo erano entrate le villette vicine alla costa, costruite da pochi anni al posto di un piccolo villaggio di pescatori. Impossibile non farci una puntatina.

Restò lei stessa sorpresa della sua velocità: in pochi secondi i suoi piedi avevano già cominciato a calpestare le aiuole curate delle prime abitazioni. Il suo arrivo colse di sorpresa i villeggianti, qualcuno tentò un'improbabile fuga a bordo di un auto, che si ritrovò un istante dopo a volare verso la scogliera duecento metri più distante, colpita da un calcio titanico. La gigantessa si trovava in uno stato di inarrestabile furore, ma era costretta a frenare il suo istinto distruttivo per godersi lo spettacolo di quei ricconi inermi di fronte ad una ragazza a piedi nudi. Cominciò dunque a distruggere ad una ad una le villette, dapprima giocandoci con le mani, poi sotto l'enorme sedere sodo e alla fine travolgendole sotto il suo seno esuberante, raggiungendo in breve un grado di eccitazione difficilmente contenibile nella sua situazione. Catturò un villeggiante sotto il suo alluce, chiedendosi che cosa avrebbe provato a fare sesso con lui, ma dopo un istante le venne in mente un candidato migliore, uno che per fare quello aveva indiscutibilmente insistito tanto. Premette con forza l'alluce a terra e proseguì, lasciando alle sue spalle le ville rase al suolo.

Era giunto il momento di fare l'ingresso nella vera e propria cittadina turistica dell'isola. Monica aveva gettato via gli shorts e la magliettina, rimanendo in un esile costumino a due pezzi, che esaltava al massimo grado il suo corpo statuario. Procedeva spedita, i suoi piedoni nudi avanzavano veloci quasi danzando sui possenti scogli; presto sarebbe arrivata al suo villaggio natale. Conscia che la sua marcia lo avrebbe completamente devastato, decise di arrivare al suo obiettivo dal mare.

Il fondale non era troppo profondo, Monica procedeva con l'acqua che le arrivava a metà delle cosce, tenendosi a debita distanza dalla costa in modo da non scagliare poderose ondate contro le case della sua gente. La zona ricca dell'isola si avvicinava sempre di più, già i primi alberghi erano in vista, assieme alle barche che uscivano dalla piccola insenatura del porto. “Nessuno andrà da nessuna parte”, si disse avvicinandosi ai natanti al punto da travolgerli con le onde sollevate dal suo incedere, sempre più poderose a mano a mano che si avvicinava a riva. Decine di imbarcazioni furono rovesciate e affondate in pochi secondi, Monica decise che il punto ideale per lo sbarco sarebbe stato il molo dove era attraccato da alcuni giorni uno dei panfili più lussuosi che avesse mai visto e che in quel momento stava sbattendo vigorosamente contro il muro di cemento. La giovane gigantessa ne fermò il movimento posando sopra di esso il piedone scrosciante di acqua, quindi scaricò sul raffinato giocattolone la forza di migliaia di tonnellate, appoggiandolo al fondale e spezzandolo in due tronconi che rimasero lì semi-sommersi.

Monica si guardò attorno, riconoscendo le tanto detestate attrazioni per turisti ricchi e deficienti che correvano a frotte impazziti davanti ai suoi maestosi piedi nudi. E proprio a breve distanza da lei svettava l'albergo-casinò di Howard, l'uomo che aveva osato oltraggiarla pretendendo da lei un rapporto sessuale. Come il solo pensiero le si riaffacciò nella mente, il suo corpo cominciò a tremare violentemente e ad espandersi ancora con prepotenza, fino a raggiungere l'altezza di 150 metri. Monica riuscì a percepire le grida della folla ancora più terrorizzata dalla sua potenza sempre più devastante e galvanizzata da tutto questo si tolse anche il bikini e riprese a camminare, schiacciando con noncuranza cose e persone che malauguratamente si trovavano sui suoi passi. La gigantessa notò che sulla sommità del palazzo un elicottero stava cercando di partire: era di certo Howard, ma non sarebbe riuscito a svignarsela. Nel momento in cui le pale dell'elica cominciarono a girare il piede destro di Monica atterrò sulla terrazza esterna dell'albergo, polverizzandola completamente. Howard e le altre persone all'interno dell'elicottero rimasero paralizzati dal terrore quando videro il mastodontico organo sessuale della ragazza fermarsi a pochi metri da loro e la mano destra che scendeva sul minuscolo velivolo, polverizzando in un istante le eliche. Si sentirono sbalzati verso l'alto ad una velocità prodigiosa, fin davanti alla faccia di Monica, stravolta dalla rabbia e dall'eccitazione per la vendetta che stava per consumare. “CIAO HOWARD, SONO VENUTA DA TE, SONO ANCORA IN TEMPO, NON SONO ANCORA LE 9, VERO? SCUSAMI, VEDO CHE SEI MOLTO IMPEGNATO, MA TI ASSICURO CHE CI METTEREMO POCHISSIMO...” E così dicendo cominciò a strusciarsi l'elicottero sotto il collo, in mezzo alle monumentali tettone e sempre più giù, verso la monumentale fica. Nessuno sull'isola poté evitare di sentire il momento in cui il fragile giocattolo di metallo penetrò la gigantessa. In piedi vicino all'albergo che colpiva con i glutei ad ogni colpo, Monica sentiva distintamente il piccolo elicottero che si sfasciava dentro di sé. Howard e gli altri passeggeri, al buio soffocante di quella caverna cominciarono a venire inondati dagli effluvi della gigantesca amante, quando d'improvviso il relitto venne estratto alla luce del sole. Aveva dunque già finito? No, semplicemente la gigantessa voleva estrarre tutta la ferraglia e le persone che non fossero Howard e poi continuare con lui solo, alto un paio di centimetri in paragone con la ragazza. Monica si sedette sopra l'albergo, che collassò in pochi secondi sotto il suo culo, spalancò le gambe distruggendo sotto i talloni un paio di altri piccoli edifici nelle vicinanze e ricominciò a scoparsi furiosamente Howard, fino al punto di perdere i sensi e ricadere distesa sulle del porticciolo turistico.

Monica si ridestò bruscamente. Non sapeva quanto aveva dormito, suppergiù un'ora, ma non avrebbe avuto strumenti per precisarlo. A giudicare dalla posizione del sole, doveva essere quasi mezzogiorno. Si rialzò stiracchiando copiosamente il suo enorme corpo nudo. Non era stato un sogno, era veramente colossale. Si guardò attorno, a parte l'ex albergo di Howard e qualche edificio lungo la strada che aveva seguito, gli edifici del villaggio turistico erano ancora intatti; dappertutto si leggevano le tracce della precipitosa fuga che aveva reso deserta quella contrada. Il sonno non aveva placato la sua rabbia, al solo scorgere degli esseri umani che si muovevano furtivi per i viottoli davanti a sé, si mosse per schiacciarli come formiche. I vermiciattoli si videro già perduti sotto la smisurata pianta, quando all'ultimo istante la gigantessa notò che si trattava di fotografi che si erano avvicinati per riprendere il suo immenso corpo nudo. Immaginando quale poteva essere l'impatto sul continente delle immagini di lei mentre distruggeva tutto impunemente, Monica pensò che fosse meglio risparmiare quelle vite per lei insignificanti, intimando però loro di seguirla e riprenderla da vicino. I malcapitati, vedendo allontanarsi quella fine ingloriosa annuiorono gioiosamente, seguendo come cagnolini scodinzolanti i maestosi talloni della gigantessa.

Ora Monica camminava sulle bancarelle in riva al mare, una massa indistinta e disordinata di assi di legno cariche di paccottiglia che crepitavano come paglia secca sotto i suoi passi lenti. Poi gli alberghetti in riva al mare, che si sbriciolavano senza sforzo alcuno sotto un piede lungo più di venti metri, mentre qualche cliente poco coraggioso che non aveva voluto abbandonare quell'illusorio riparo prima correva via urlando. E i vermiciattoli lì dietro che continuavano a fotografare la fine dello sfruttamento turistico in quell'isola. In pochissimi minuti non rimaneva più nessuna costruzione significativa: tutto raso al suolo, polverizzato e pressato da quell'indomabile mostruosa amazzone. Che non si sentiva ancora appagata.

I militari. Solo ora le venivano in mente. Senza neanche pensarci di mise a camminare svelta verso l'altro lato dell'isola. Non avevano mosso un dito per difendere la popolazione civile contro di lei quella mattina, e questo accrebbe in lei il furore: erano solo capaci di prevalere su chi era nettamente più debole, sulle ragazze come era Monica fino a ieri. Ma adesso la situazione era cambiata di brutto. La giovane ragazza impiegò pochissimo per valicare il reticolato che cingeva la vasta base militare: non ci era mai stata dentro, ma sapeva che questa era grande, era una delle più importanti del paese, che i soldati lì dentro erano centinaia, forse migliaia. Fu accolta dal lancio di alcuni missili, che si infransero contro le cosce muscolose, senza causarle nemmeno la più piccola scottatura. Monica procedette sicura attraverso la superficie verde completamente disboscata, di tanto in tanto i suoi piedi sprofondavano più del normale, indice inequivocabile del fatto che sotto terra esistevano delle installazioni le cui volte non riuscivano a sostenere il suo peso. Un gruppo di carri armati perfettamente allineati all'esterno di un basso edificio grigio catturò la sua attenzione: erano dei piccoli cingolati, artiglieria leggera, facevano tenerezza al cospetto del suo piedone, che poteva calpestarne cinque alla volta: dopo cinque secondi erano già un imbarazzante ricordo, dopo altri cinque anche l'edificio raggiunse la quota del suolo. Monica stava cercando ben altro, qualcosa che fosse per lo meno comparabile con le sue dimensioni. Continuava il tiro di missili e colpi di artiglieria contro di lei, nonostante fosse palese che questi non provocavano alcun effetto, se non quello di incrementare in lei la voglia di fare piazza pulita anche in quel lato dell'isola. Degli altri carri armati, sensibilmente più grandi, le vennero incontro, sparando all'impazzata con il loro cannoncino. Quasi seguendo il ritmo di una danza selvaggia, Monica riuscì a caplestarli tutti, uno dopo l'altro,  disintegrandoli all'istante con un sordo boato. Dietro di lei rimase solo una distesa di fiamme e contorti detriti fumanti.

Faceva uno stranissimo effetto vedere la possente base militare realizzata sopra la scogliera sovrastata da quella colossale incredibile ragazza. Monica si era fermata ad osservare la miriade di formichine impazzite che correvano di qua e di la' all'interno della base. Da quello che poteva vedere, quella specie di moderna fortezza aveva una sola uscita principale. La gigantessa si premurò immediatamente di farvi ruzzolare davanti un masso, chiudendo in trappola tutti quei minuscoli soldatini. Questi sembravano aver perso tutta la loro spavalderia quando la ragazza che avevano più volte molestato scavalcò con irrisoria facilità la muraglia di cinta, occupando buona parte di un cortile interno con i suoi piedoni. Adesso sì che ci divertiamo, pensò Monica cominciando ad inoltrarsi nella base e spingendo verso l'altra estremità quanti si trovavano nel settore che percorreva. Cominciarono ad arrivarle addosso proiettili di ogni tipo: fucili, mitragliatrici, bazooka, mortai, ma niente poteva arrestare la sua avanzata, che cominciava a stampare al suolo le prime vittime, uomini e automezzi che correvano senza una meta precisa. Decise di testare la solidità di una costruzione di cemento armato sotto il suo sedere. Un istante prima dell'impatto, frotte di militari cominciarono ad uscire per trovare scampo dalla inevitabile distruzione, invano, per la maggior parte degli uomini che finirono seppelliti dalla valanga di macerie. La gigantessa non si rialzò, ma ruotò su se stessa e proseguì carponi, fracassando sotto le mani e le ginocchia alcune costruzioni minori. Un altro grosso edificio si prestava magnificamente per un'altra prova: oscillando avanti e indietro, Monica manovrò il proprio seno come una gigantessa macchina da demolizione, spazzando via in pochi colpi i suoi ultimi piani. La gigantessa continuò ad avanzare, travolgendo tutto il rimanente con due colpi delle possenti cosce. La base stava cominciando a cambiare fisionomia e anche gli uomini si facevano sempre più radi, probabilmente avevano trovato un'altra via d'uscita. Un bel gioco dura poco, disse fra sé e sé Monica, rialzandosi da terra e scagliando all'impazzata delle immani pedate che andavano a polverizzare tutto quanto era rimasto di intatto lì intorno. Dovette colpire anche qualche deposito di munizioni o di carburante, perché si verificò un'esplosione tremenda che investì più di mezza base con il globo di fuoco che ne conseguì. La gigantessa rimase un istante a guardare quella fiammata che metteva definitivamente la parola fine all'insediamento militare sulla sua isola e si diresse sulla spiaggia, senza aver riportato la più piccola scottatura.

Il lavoro non era finito, perché nell'altro lato dell'insenatura erano ormeggiate alcune navi militari. Monica non ci pensò più di un istante e cominciò a guadare il breve tratto di mare; l'acqua le arrivava fino a metà delle cosce. Di nuovo subì il patetico tentativo da parte dei militari di arrestare, o almeno frenare, la sua marcia poderosa, che con le sue ondate già faceva oscillare come pezzetti di sughero le navi. La gigantessa non aveva più voglia di giocare con i soldatini, voleva concludere subito quell'affare. Scagliò due poderosi pugni contro altrettanti incrociatori, che, spezzati in due tronconi colarono a picco in pochi istanti. Quindi usando solamente le proprie unghie squarciò la fiancata di una nave più grande, ne inabissò un'altra salendoci sopra a cavalcioni, le ultime tre furono sollevate fuori dall'acqua e scaraventate contro le rovine ancora in fiamme della base militare che aveva appena finito di visitare. Tutt'intorno a lei erano sparsi i resti galleggianti della piccola flotta, a cui disperatamente si aggrappavano decine e decine di marinai che per pura fortuna erano sopravvissuti all'immane disfatta. Monica ne raccolse qualcuno sul palmo della mano: dei piccoli vermiciattoli lunghi appena un paio di centimetri, decisamente troppo poco per essere in qualche modo utili a lei. La gigantessa li gettò via con disprezzo, lasciandoli al loro destino, era certa che d'ora in poi sarebbero stati debitamente alla larga da quell'isola. Decise che aveva bisogno di una bella nuotata: puntò i piedi sul fondale roccioso e si diede una bella spinta in avanti. Qualcosa di non proprio trascurabile rispetto alle sue dimensioni urtò il suo bacino, Monica si fermò all'istante, cercando di portare in superficie quell'oggetto misterioso. Ci riuscì in pochi secondi, scoprendo di avere tra le mani un bel sommergibile militare che stava tentando di svignarsela. Che bel pesciolone, pensò ridendo la gigantessa, che aveva già in mente un consono utilizzo del mezzo, visto che, finite le cose da distruggere, il desiderio era tornato prorompente. Abbassò il sommergibile fino all'altezza giusta, trovando che era troppo grosso per lo scopo che aveva in mente. Un po' di frustrazione, per Monica che voleva fare un'altra nuova esperienza, mista al disprezzo per quella vile macchina bellica. Il disprezzo per chi era inferiore a lei, forse era quella la chiave di tutto! La gigantessa si concentrò su tutti gli individui meritevoli di essere spazzati via dalla faccia della terra, e si trovò scossa dal tremito che cominciava a divenire per lei familiare. Il suo corpo si stava espandendo ancora, lento e inesorabile, raddoppiando nuovamente le sue dimensioni. Ora il sommergibile entrava, entrava ed usciva abbondantemente, scatenando la furia sessuale di Monica, che avanzò nell'acqua fino al livello delle mastodontiche tette, che scagliavano paurose ondate tutt'intorno, comunicando a tutto il mare quanto stesse godendo fottendosi quel cazzo di sottomarino. Gli orgasmi arrivarono uno dopo l'altro, assieme alle sue grida di piacere che furono udite per miglia e miglia, addirittura da qualcuno sul continente. La gigantessa non si fermò finché la sua fica non sfondò le paratie del sommergibile. Le bolle d'aria risalirono lungo il ventre piatto di Monica, dandole un'ultima sensazione piacevole dopo la lunga cavalcata. Qualche minuto di relax, poi verso la costa del continente a poderose bracciate.

La grande città osservò costernata l'incredibile ragazza nuda che si era materializzata nella baia e procedeva verso riva. Era incredibilmente sensuale, fisico tonico e prorompente e soprattutto era incredibilmente grande, alta qualcosa come 300 metri. I suoi piedi atterrarono sulla terraferma, polverizzando qualunque cosa si trovasse nel raggio di alcune decine di metri dal punto di impatto.
Si fermò per alcuni istanti, mentre cascate d'acqua scendevano dal suo corpo sinuoso. Lanciò un'occhiata di sprezzante sufficienza a tutto ciò che la circondava, alle strade brulicanti di gente e agli edifici, tutti più bassi di lei. Quindi riprese la sua inarrestabile marcia verso l'interno della città.

Fine.





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