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Tra l'estasi e il terrore.

Part VI sent by Jryan^ and uploaded on data 27/March/2004 00:01:10


Lorena non mi rispose, si rimise a leggere il suo libro, ignorandomi. Stavo per salire sulla pagina e imporle(se mi era possibile) di parlare un po’ , ma lei mi precedette: si alzò in piedi , chiuse il libro e mi disse: << è inutile, non riesco più a studiare. Me ne vado a casa! >> mi prese nella sua mano destra, e messa la borsa in spalla uscì dall’università.

Giunti alle scale che scendevano fino al bel prato oltre il quale si trovava il parcheggio, Lorena si chinò e mi depositò sul freddo pavimento di pietra. Il sole era caldo ma tirava un arietta piuttosto fresca. Perplesso mi chiesi cosa avesse intenzione di fare Lorena, stava in piedi sopra di me ed armeggiava con qualcosa, purtroppo era contro sole e non riuscivo a capire cosa facesse. Così abbassai lo sguardo e aspettai che fosse lei a dire qualcosa.

Con mia enorme sorpresa un getto d’acqua gelido mi investì, piombando da un’altezza considerevole. Un brivido mi percorse tutto il corpo e caddi a terra, di nuovo rimpicciolito a due centimetri. Lorena a quel punto disse :

<< per il momento non ho intenzione di ascoltarti e non voglio nemmeno vederti! >> io mi rialzai in piedi e guardai in alto per vedere Lorena chinata su di me con in mano una bottiglietta d’acqua minerale. Pieno di terrore pensai che la mia ragazza stesse per attuare la sua vendetta.

<< quindi… >> continuò lei rialzandosi e guardandomi con gli occhi pieni di rancore ai suoi piedi:

<< …ti lascio qui… chissà, magari troverai qualche altra troietta con cui divertirti! >> io corsi verso i suoi piedi , disperato:

<< no! non puoi farlo! Ti prego! Potrei morire! >> lei adesso non poteva più sentirmi e mi sentii terribilmente impotente. Quando stavo per balzare sul suo alluce lei allontanò il piede e caddi violentemente sul mattonato:

<< è meglio per te che io me ne vada…sono molto tentata di schiacciarti sotto il mio piede, ma non ti voglio dare neanche questa soddisfazione! >> tuonò lei dall’alto. Io restai carponi con il pianto nel petto che ormai stava per prorompere in un grido di rabbia.

<< Se te la caverai ..quando sarai ritornato di dimensioni normali, vieni pure a trovarmi , magari mi sarò calmata e potremo parlare.. >> disse con una voce più dolce, poi una sua lacrima cadde a poca istanza da me, io reagii immediatamente e balzai in piedi per farle capire quanto le volessi bene, ma lei si voltò e singhiozzando tra le labbra disse :

<< scusa..! >> poi corse via e scomparve dalla mia visuale, oltre l’orizzonte. Restai seduto con la testa sulle ginocchia per non so quanto tempo. Una parte di me capiva Lorena, in fondo, se fossi stato di dimensioni normali mi avrebbe piantato ugualmente per strada… era naturale. Non potevo di certo aspettarmi subito un perdono e la sua dolcezza. Dovevo scontare la pena… lei doveva calmarsi e io dovevo cavarmela. Probabilmente, pensai, dopo poche ore sarebbe tornata di corsa a cercarmi.

In ogni caso però,io, dovevo prepararmi al peggio. Piccolo come un insetto davanti ad una trafficata università non avevo molte speranze di sopravvivenza. Dovevo assolutamente attirare l’attenzione di qualcuno e riuscire a chiamare mia zia per farmi venire a prendere.

Mi alzai e camminai verso il ciglio delle scale, rimanendo vicino al bordo destro per non essere calpestato dalle persone che passavano.
Guardando nel prato vidi che era pieno di studenti che studiavano al sole. Appena discesa la rampa di scale, per esempio, c’era una ragazza castana che se ne stava seduta a leggere un grosso libro con i piedi nudi solleticati dall’erba fresca. Avvicinarmici e chiederle aiuto non sarebbe stato di certo facile, ma dovevo provare. La mia labile determinazione fu distrutta non appena analizzai con più attenzione l’unico percorso possibile per raggiungerla: le scale.Ogni gradino era alto ,per me , come un edificio di tre piani e di gradini ce ne erano tantissimi.

Mi sedetti pensieroso; li , sul lato delle scale , in fondo non c’era il rischio che mi calpestasse nessuno e magari, aspettando un po’ sarei cresciuto e averi risolto tutti i miei problemi. Certo, più di una volta una ragazza era passata molto vicina e aveva scatenato un terribile terremoto, ma essendo praticamente sotto il corrimano nessuno posava il piede dove ero io.

Restai ad aspettare pazientemente per una ventina di minuti, finchè, in lontananza vidi arrivare Roberta; sembrava che andasse di fretta e parlava al cellulare con quella voce odiosa con cui mi aveva rovinato. Ebbi l’istinto di correre verso di lei e prenderla a calci ma optai per indietreggiare ancora di più sotto il corrimano per limitare a zero la probabilità che mi vedesse.

<< …Ecco , sono davanti alle scale, lo hai lasciato qui no? >> disse Roberta e a quel punto mi si gelò il sangue.

La gigantessa si fermò davanti a me , occupando tutta la mia visuale con i suoi talloni morbidi e chiari, io mi nascosi dietro il corrimano mentre lei si guardava intorno circospetta:

<< ..non lo vedo…si sarà andato ad infilare da qualche parte..oppure l’hanno già spiaccicato. >> continuò a dire al telefono.

<< ah no! eccolo qui! Sta bene! Lo riporto dalla zia appena posso non ti preoccupare! Cmq bell’idea quella di lasciarlo da solo per strada,io non ci avrei ripensato…! Ciao! >> esclamò d’un tratto. Io allora sussultai terrorizzato; come aveva fatto a vedermi? Ero praticamente nascosto dai suoi stessi talloni oltre che dal corrimano! Così alzai lo sguardo e la vidi appoggiata al corrimano con gli occhi fissi su di me.

Iniziai a correre per sfuggirle ma Roberta ripose tranquillamente il cellulare nella borsetta e mi disse facendo semplicemente un passo e posandomi il suo piedoni davanti: << Su, non ti agitare troppo! Ti conviene essere preso da me ! almeno non rischi di essere schiacciato come un verme …cosa che in realtà ti meriteresti! >> io andai ad urtare al tacco del suo sabot e l’urto fu così violento che caddi a terra dolorante. Roberta rise.

Con il sangue che mi usciva copiosamente dal naso e le lacrime agli occhi per il dolore capii che odiavo profondamente quella donna. Non so cosa avrei le avrei fatto se fossi stato di dimensioni normali; probabilmente la avrei ignorata, ma di sicuro avrebbe rischiato di prendersi un bel ceffone. Con non curanza mi prese nella sua mano e , tenendomi per i piedi (come se fossi un tacchino in minuatura) mi fece penzolare sopra la sua borsa: << ti metto qui dentro, cerca di non sporcarmi tutto con il tuo sangue! >> disse e lasciò la presa. Caddi sulla dura superficie di plastica di un suo piccolo specchio e poi calò la più completa oscurità non appena chiuse la chiusura lampo.

Sballottando da una parte all’altra restai intrappolato nella borsa di Roberta per più di un ora. La prigionia era diventata insopportabile ed io nervoso , stanco e anche affamato. L’emorragia dal naso mi si era fermata ma c’era il richio che ad ogni sobbalzo mi cadesse addosso qualcosa di pesante che avrebbe peggiorato ancora la mia situazione.

Ad un tratto la borsetta si aprì e Roberta mi tirò fuori, posandomi sul freddo ripiano di marmo del bagno dell’università. Accese l’acqua fredda e mi disse: << come va vermetto? Devo darti una sciaquata, non posso riportarti da tua zia tutto insanguinato! >> così mi prese con indice e pollice le gambe e mi sollevò; ero all’altezza della sua figa e sentivo anche quel dolce odore femminile che in altre situazioni mi faceva impazzire.

<< se tu avessi evitato di metterti a scappare per poi andare a sbattere al mio tacco non ti sarebbe successo niente! >> continuò a dire e poi mi mise sotto il forte e gelido getto d’acqua. Mi si spezzò il fiato in gola e tra l’altro quella massa d’acqua sulla testa mi stava rintontendo.

Fortunatamente quando Roberta mi avvicinò al viso per vedere se il sangue fosse andato via, ero già bello pulito. Così, entrò in un bagno e iniziò a srotolare un po’ di carta igenica con la quale mi asciugò con una insolita delicatezza. << probabilmente vuole fare bella figura la stronza… >> pensai.

Come se fossi un pupazzetto mi rimise nella borsa e uscì dal bagno; aveva preso i documenti che le interessavano per verbalizzare un esame e ora poteva tornarsene a casa. Probabilmente era un po’ scocciata di dovere allungare il giro in autobus per lasciarmi al centro da mia Zia, ma in fondo (pensava anche lei) in quella storia ci si era voluta immischiare lei.

Salita sull’autobus , Roberta mise la borsetta sulle cosce e stese le gambe gino all’ altro sedile , sfilandosi i sabot. Per provocarmi mi tirò fuori dalla borsa e mi fece sedere sul suo ginocchio. Io apprezzai ugualmente il gesto e durante il viaggio in autobus cercai di guardare le chiome degli alberi e i piani più alti dei palazzi(le uniche cose che vedevo fuori il finestrino) e di non guardarle mai le gambe ed i bei piedoni che che lei strofinava tra loro a distanza, sull’altro sedile.

Roberta, vedendomi indifferente e terribilmente incazzato mi disse sorridendo: << che c’è ? perché non mi guardi i piedi? Non vorresti metterti a leccarli? >> io ero ancora troppo piccolo per risponderle e le feci semplicemente cenno di stare zitta.

Roberta allora esclamò: << vedi di essere gentile! Potrei anche constingerti ad annusarmeli dopo un’ora di jogging che tanto Lorena non ti crederebbe mai! >> e così dicendo mi afferrò e mi depositò sul dorso del suo piede, con il viso rivosto verso le sue giganteche dita. Quel punto di vista e quello spettacolo mi eccitarono e lei, vedendomi il pene eretto rise : << ah ah! Non riesci proprio a controllarti! Se ti lascio li chissà cosa ti verebbe voglia di fare! >> e così dicendo mi prese di nuovo in mano e mi rimise nella borsa.

Aveva voluto solo umiliarmi , e ci era riuscita alla perfezione. Pensai che si sarebbe divertita di nuovo a riprovocarmi, in fondo i suoi piedi erano una splendida arma di seduzione, ma pian piano l’autobus si riempì e Roberta mi lasciò ben nascosto nella sua borsa.
Scese alla fermata a pochi metri del negozio di mia zia, si incamminò verso l’entrata ma si imbattè in Laura che andava a prendere qualcosa al bar, così la chiamò e si salutarono.

Io , infastidito al pensiero che Roberta mi avesse fatto vedere in quelle condizioni da Laura, mi nascosi tra gli oggetti della borsa, sperando di evitare l’ulteriore umiliazione. Sentii Roberta dire : << …ho tuo cugino qui nella borsa! Lorena mi ha detto di riportarlo in negozio! >>

Laura restò perplessa, mia zia non le aveva detto niente (tenendo fede alla sua promessa), così Roberta fece la figura della matta. << ecco , un attimo che te lo do così me ne vado a casa a mangiare! >> Roberta iniziò a rovistare un po’ nella borsa e mi sfiorò con le lunghe dita smaltate, non riuscì a trovarmi così Laura , scherzando esclamò:

<<dai su , non ti preoccupare! Puoi lasciarlo in negozio! >> e diede una pacca alla spalla di Roberta per poi avviarsi verso il bar salutandola.

Roberta la prese in parola e così entrò in negozio, e non c’era nessuno. Era l’ora di pranzo e mia zia era al bar a mangiare , solo Cristina era rimasta in negozio ma in quel momento era al bagno.
<< vabbè , vermicello , ti lascio qui qul bancone! Ci vediamo!>> disse Roberta e se ne andò in tutta tranquillità. Un attimo dopo Cristina uscì dal negozio e chiuse la saracinesca alle sue spalle senza accorgersi di me. Finalmente ebbi un po’ di pace, così mi sdraiai vicino alla cassa ad aspettare il rientro di mia zia. L’attesa mi sebrò dolce e rilassante; la impiegai per meditare e cercare di fare ordine nella mia mente. Realizzai che Lorena mi aveva messo in serio pericolo di vita e , tradimento o non tradimento , adesso lei era passata di sicuro dalla parte del torto. Iniziai a prepararmi un bel discorsetto da farle ma fui interrotto da uno strano rimore. Sembrava un cigolio … uno strano “gnek-gnek” , pesnai che Zia, Laura e Cristina stessero rientrando in negozio ma voltandomi verso la saracinesca la vidi ferma , capendo che il rumore non proveniva affatto da li.

Restai in ascolto, attento e pronto a nascondermi; era un rumore insoltio , ma un a parte di me non metteva in dubbio che potesse semplicemente trattarsi di un rumore normalissimo al quale , quando si era di dimensioni normali, non si faceva nemmeno caso.
Un attimo dopo il periodico “Gnek Gnek” si interruppe e fu seguito dall’inconfondibile ronzio di una mosca. Balzai in piedi spaventato quando vidi l’insetto decollare da sotto il bancone ed iniziare a volteggiare nell’aria. Il suono emesso dallo sbattere velocissimo delle sue ali era insopportabile. Quando si avvicinava troppo dovevo addirittura ripararmi le orecchie. Non ebbi mai così tanta paura di una mosca! Era delle dimensioni di un grosso cane , e se pensavo al fatto che un cane poteva essere mortale per un uomo sconsiderato, una mosca delle sue esatte dimensioni , con sei zampe ed un resistente esoscheletro( che in quei giorni di rimpicciolimento periodico sarebbe servito molto anche a me)duro come l’acciaio, era davvero un avversario invincibile.

Ad ogni modo l’insetto non sembrava curarsi minimamente di me e continuava a volteggiare tranquillamente tra gli scaffali; fu solo per pura sfortuna che mi piombò addosso, investendomi. Non ebbi nemmeno un istante di tempo per evitarla mi ritrovai semplicemente aggrappato alla sua testa piena di peluria orribile che pizzicava terribilmente sulla mia pelle nuda. L’insetto si spaventò sentendomi sopra di lui , ed essendo io abbastanza pesante , la mosca , fortunatamente scese di quota fino a sbattere alla parete. Cademmo entrambi a terra da pochi centimetri di altezza e io per primo scappai il più lontano possibile da quel mostro, che un attimo dopo sobbalzando un po’ si rimise in volo come se io non fossi mai esistito. Feci un gran respiro di sollievo, in fondo era ancora tutto tranquillo e non restava che aspettare zia. Mi avviai verso la cassa e mi misi (come avevo sempre sognato nelle mie fantasie) esattamente sotto la sedia di mia zia. Li mi sedetti comodo e non passò molto al momento in cui la saracinesca venne sollevata da Laura e Cristina e che Zia entrasse nel negozio.

Avendo il bancone davanti non vidi come era vestita mia zia, sentii solo, con grande emozioni , i boati dei suoi passi farsi sempre più vicini e la sua voce in lontananza.

<< mamma, io corro a casa ! >> esclamò Cristina e le tre parlarono un po’.

Riuscii a capire che quel pomeriggio Zia sarebbe rimasta in negozio da sola e che solo Laura l’avrebbe raggiunta per l’orario di chiusura.
Stupidamente pensai che , avendo solo mia zia come gigantessa per il negozio, non avrei corso molti pericoli e avrei potuto aspettare prima di farmi vedere , in modo tale da spiarla un po’.

Zia venne a sedersi alla cassa solo quando Laura e Cristina se ne erano andate. A loro aveva anche detto di non preoccuparsi :

<< ..tanto viene Riccardo ad aiutarmi oggi pomeriggio! >>

Io sorrisi e osservai la mia gigantesca zia sedersi sopra di me. posò i suoi splendidi piedi davanti ai miei occhi affascinati: calzava le infradito nere con il tacco alto che le avevo fatto provare il giorno prima, e i suoi piedi sprigionavano un odore dolce misto al cuoio.
Sopra portava una gonna fino alle ginocchia ed una elegante camicia bianca.  Si accese una sigaretta e ignara della mia presenza si sentì libera di dare sfogo a un po’ di meteorismo.

Rilassata e a suo perfetto agio in quel primo pomeriggio di settembre si sfilò anche i sandali , incrociò e poggiò i piedi nudi sopra di essi e mi mostrò le sue colossali piante rosee, lunghe e soffici alla vista. Fui colto dal desiderio di toccarle e mi ci avvicinai.
Con il palmo della mano accarezzai il suo morbido avanpiede e lei rispose alla mia carezza piegando le dita e colpendomi con i soffici polpastrelli. Caddi in avanti e mi appoggiai con tutto il copro alla pianta del suo piede, stando con le gonocchia sui suoi polpastrelli.
In quegli istanti pensai che se Lorena fosse entrata negozio sarebbe stata la fine.

Così indietreggiai e decisi di uscire allo scoperto per farmi vedere da mia zia e riportare tutto alla normalità. Ero ormai delle dimensioni giuste per farmi sentire , così , mettendomi di lato alla sedia urlai: << zia! Sono riccardo! Sono qui! Sotto la sedia! >>
Zia Anna abbassò lo sguardoe vedendomi mi rispose perplessa :
<< Riccardo?! Che ci fai qui?e nudo tra l’altro? >> Senza raccogliermi da terra si voltò con la sedia verso di me ed accavallò le gambe, tenendo sospeso un piede poco davanti a me. Io le iniziai a raccontare tutto quello che mi era successo ma quel suo piede davanti agli occhi era eccitante e … non so perché, quando zia se ne accorse cambiò atteggiamento: << l’importante è che stai bene! >> esclamò senza farmi finire di parlare.

Poi mi chiese : << Quindi.. >> riprese: << è da prima di pranzo che sei in negozio!vero? >> Io annuii e lei allora continuò: << ti sei nascosto qui sotto per spiarmi? >> e sorrise , divaricando le dita dei suoi piedi davanti al mio viso. Io risposi : << beh.. lo sai come sono fatto! >> << oh , si che lo so… quindi adesso inizia a leccarmi l’alluce! Altrimenti faccio anche io la spia con Lorena! >>
e così dicendo mi investì con quel ditone e mi ci comprsse sotto, premendomi sul pavimento. Io iniziai a leccarlo , felice come al solito, anche se un po’ in imbrazzo. Tra l’altro mi accorsi che zia si era infilata una mano nei pantaloni e intanto mi diceva:

<< bravissimo! Continua così! Voglio farti leccare l’intera superficie della pianta dei miei piedi! Tanto hanno un odore gradevole no? >> e chiedendomelo alzò il piede per avere una conferma, io annuii silenzioso e lei mi rimise sopra il suo piedone.

In quel momento si sentì un’altra voce: << La prego signora Anna… mi dica che non sta parlando con Riccardo! >> Era Lorena , con il viso triste e preoccupato. Zia balzò in piedi, rimise le scarpe e disse :
<< oh! Ciao Lorena cara! No.. non era Riccardo! Stavo …parlando con il cagnolino di Cristina! >> Lorena scosse il capo sconcertata e mia zia si allontanò dalla cassa tutta imbarazzata e rossa in viso. Lorena si fermò sopra di me e mi guardò incredula. La guardai di rimando: era vestita per la palestra, con pantaloni corti , maglietta e scarpe da ginnastica indossate ai piedi nudi. Sbuffò piena di rabbia e io temetti fortemente che mi avrebbe schiacciato all’istante. Invece si sfilò con calma la sua scarpa da ginnastica, poggiò il suo piede odoroso davanti a me e mi prese con una certa violenza, mi depositò nella sua scarpa senza dire nulla e poi si alzò in piedi. Mi guardò li nella sua scarpa pervasa da un odore terribile e mi disse :

<< Ricky… ti perdono, non ti preouccpare! >> e così dicendo infilò le dita del piede nella scarpa, io indietreggiai:

<< quindi se sopravviverai stai pur tranquillo che tornerà tutto come prima! >> e così dicendo infilò tutto il piede. Mi ritrovai compresso sotto le sue dita, senza ossigeno e senza un minimo di probabilità di cavarmela. Fradicio del sudore del piede della mia ragazza la sentii dire :

<< Signora Anna,non si preoccupi! Glielo riporto tutto intero! >>
mia zia rispose : << scusami! >>  Poi Lorena iniziò a camminare sul marcia piede ; ogni passo era un incubo , sentivo le sue dita comprimermi terribilmente sulla suola e il calore aumentare sempre di più. Pensai che Lorena avrebbe di sicuro avuto pietà di me, e sopportai pe un po’ restando abbastanza tranquillo, ma quando la sentii dire in lontanaza: << adesso ci facciamo una corsetta ok ? stronzo? >> capii che per me era la fine.

Lorena prese a correre e ad ogni passo mi schiacciava sempre di più sotto le sue morbide ma pesantissime ditone. Dopo pochi metri di me non rimase che un dispiacevole ricordo nella mente di Lorena ed una piacevole senzazione di liquido caldo tra le sue dita. Sobbalzai in piedi di scatto, sudato e con un forte mal di testa. Spensi il televisore e mi alzai dal divano, mi guardai intonro e capii di essere al mare e che non si era trattato di nient’altro che di un sogno. Un sogno pieno di tutte le mie fantasie. Sorrisi e feci un respiro di sollievo ma allo stesso tempo rimpiansi di non aver veramente vissuto tutte quelle esperienze che fino a pochi istanti prima mi sembravano così realistiche!

Lorena uscì dal bagno , si era appena fatta la doccia, mi raggiunse e mi baciò dicendomi:

<< la doccia è Libera amore! Vai! >> io le sorrisi e mi incamminai verso la doccia pieno di una strana sensazione di malessere.

Restai fermo sotto lo scroscio caldo della doccia a pensare: non c’era emozione nella mia vita. Il mio sogno sembrava un paradiso irraggiungibile e così capii che non avevo speranza… la mia esistenza non poteva essere mediocre, ma una stupenda avventura tra momenti di estasi e oscuri attimi di terrore… solo così il mio cuore si sarebbe sentito a suo agio.

Così quella sera raccontai il sogno a Lorena.

Fine.


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